martedì 6 giugno 2017

Father

Ci ho pensato.
O meglio, ho pensato al momento in cui sarei morto migliaia di volte e in tutte le ipotesi finiva con un proiettile.

Testa, busto, coscia... il punto non era importante, mi sparava un signore spaventato per una rapina, il proprietario di un mini market, un poliziotto, un mafioso o un ragazzino di una gang. Fucile, pistola...

Mai avrei pensato ad un suicidio. Eppure sono qui, con il fucile a pochi passi da me e le mani sudate per la febbre.
Mike si è addormentato sfiancato da una giornata che gli cambierà la vita più di quanto vorrei mai.

Sono nato in una delle città peggiori del Michigan e non me ne pento. Ho rubato, picchiato e ucciso. Non me ne pento.
Ho sprecato vent'anni della mia vita in un carcere di massima sicurezza e non me ne pento.
Sicuramente non mi pento di aver incontrato Annie, la ragazzina delusa dalla vita che scrive ad un assassino in carcere. Aveva solo diciassette anni e allora? Abbastanza per poter crescere un figlio da sola, abbastanza per fare sesso con un quarantenne.
La piccola Annie mi ha dato uno scopo, un figlio da sentire come se fosse mio, qualcuno che porti avanti il mio nome, qualcuno a cui insegnare qualcosa. E Iddio mi ha dato la situazione adatta per i miei insegnamenti.

Mi pento di averle aperto la testa con un martello davanti agli occhi del figlio.
Ho ucciso e non mi sono mai pentito, ma Annie è un'altra cosa. Annie era un'altra cosa.

Ho sfruttato tutti i gruppi incontrati lungo la strada, mi sono tenuto in movimento cercando una via di fuga dal muro, ho promesso di salvare Mike, di farlo sopravvivere.. in qualche modo.
Non c'è tempo per affezionarsi, se ti affezioni poi stai male e non puoi permettertelo, ma vedo che Mike ha bisogno delle persone. Ha bisogno di amici, di affetto, non può fare a meno di fare amicizia, il giullare lo chiamo.
Avrebbe potuto avere un talk show tutto suo, in un altro mondo.

Mi sono accorto delle bugie, diventano sempre più frequenti e sempre poco realistiche, ma mai con me. Non mente mai a me. E so che quelle bugie sono un muro, tra lui e gli altri.
Perdere il gruppo del supermarket gli ha fatto male, il dolore di vedere morire i suoi amici, di dover sparare loro per sopravvivere l'ha chiuso e io non posso fare nulla per aiutarlo.

Un solo bussolotto, basterà. Mi allontano giusto quel che basta, non voglio attirare dei morti, ma voglio che si svegli. Deve rendersi conto di non avere le spalle coperte.
Avrei dovuto dirgli addio, ma penso che non riuscirei. Sono un codardo dopotutto.

Avrei dovuto avere più paura per me che non per Mike, ma ho cinquantasei anni e la vita ha già fatto il suo corso, fregacazzi che l'abbia sprecata.
Pur di salvarlo mi sarei fatto mordere altre venti volte.

Le mani tremano, sudate, mi siedo a terra e metto il fucile tra le gambe, la canna contro il sottomento, punto con attenzione in modo da essere sicuro che il cervello venga colpito. Le dita tremano sul grilletto.

Posso vedere Mike addormentato, e mi chiedo se sopravviverà a tutto, se ho fatto un buon lavoro. Se questo lo distruggerà o riuscirà a motivarlo.

Con la mano libera vado a scrivere qualcosa nella polvere accanto a me, ho le dita bagnate di sudore, ma alla fine ci riesco e torno a concentrarmi sull'obbiettivo.
Concentrati su qualcosa di bello, mi ripeto.
Un pensiero felice prima del grande botto.

Arriva come un flash, con i contorni sfocati e soffocati di una estate umida.
Il giorno in cui sono uscito dal carcere, il giorno in cui ho visto per la prima volta Annie, in piedi accanto alla macchina, vestita con l'abito della domenica, i capelli raccolti e l'aria angelica, tra le braccia un bambino di due anni.
Il giorno in cui ho visto per la prima volta Mike.

Finalmente a casa, Puppy!

JSS
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